Ha smesso di fare notizia come nei decenni passati, ma è ancora diffuso. Anzi, è in aumento, specie nelle fasce più attive della popolazione. Il virus dell’Hiv torna nelle cronache in vista della giornata mondiale (1 dicembre).
Di recente, il report dell’Istituto superiore di sanità (Iss) ha mostrato un trend di crescita dei nuovi contagi, con un’incidenza maggiore nel genere maschile fra i 30 e i 39 anni. Riportare l’attenzione di istituzioni, decisori e comunità scientifica sul virus, facendo comprendere la necessità e l’urgenza di tornare a parlarne, è la finalità dell’evento in cui è stato presentato il Libro bianco Hiv. Dalle parole alle azioni. Insieme per porre fine all’epidemia (promosso da Gilead Sciences Italia).
Il documento contiene i risultati di un’indagine demoscopica, realizzata da Astraricerche su un campione di 1500 persone fra i 18 e i 70 anni. Fra i dati, emerge la confusione sulle modalità di trasmissione del virus: il 14,5 per cento pensa che sia sufficiente baciare una persona infetta per essere contagiato e soltanto il 6,7 per cento sa cosa sia la strategia di prevenzione e profilassi pre-esposizione (Prep).
Contribuire alla diffusione della conoscenza
Quattro le parole chiave su cui si basa il Libro bianco: prevenzione, stigma, check point, vale a dire luoghi dove poter ricevere servizi e informazioni sugli strumenti di diagnosi, e qualità della vita.
“A volte sembra che l’Hiv sia un tema risolto, ma come abbiamo visto dai dati e dalle risposte c’è ancora molto da fare”, ha affermato Federico Da Silva, vice presidente e general manager Gilead Sciences Italia.
“Da sempre il nostro impegno è stato quello di costruire un futuro libero dall’Hiv. Oggi però questa epidemia appare dimenticata, uscita dal dibattito pubblico. Ecco perché riteniamo che sia cruciale continuare impegnarci per garantire innovazione terapeutica in prevenzione, trattamento e cura”.
Aumentare l’accesso ai farmaci
Oggi sono 39 milioni le persone che nel mondo vivono con l’Hiv mentre obiettivo dell’Organizzazione mondiale della sanità è tenere sotto controllo il virus azzerando i nuovi contagi entro il 2030.
“Certamente va aumentato l’accesso all’innovazione. C’è stato un grosso progresso nelle cure, ma ad oggi ci sono 10 milioni di persone che non sono raggiunte dalla terapia perché in alcuni Paesi esiste ancora lo stigma culturale”, ha osservato Stefano Vella, infettivologo e docente di salute globale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma.
In Italia, in particolare, ogni giorno sette persone scoprono di avere l’Hiv e “il dato preoccupante – ha precisato Barbara Suligoi, direttore centro operativo Aids dell’Iss – è che quattro di loro è in una fase avanzata di malattia; significa che hanno contratto l’infezione molti anni fa e non se ne sono mai accorti il che indica quanto sia bassa la percezione del rischio. Una diagnosi tardiva però abbassa l’efficacia delle terapie antiretrovirali”.
Numeri in aumento anche in Europa
Spostando lo sguardo all’Europa, si scopre che quasi una persona su tre vive con l’Hiv nella regione europea non conosce ancora il proprio stato di sieropositività, in base al nuovo Rapporto sulla sorveglianza su Hiv e Aids 2024 pubblicato oggi dall’Ufficio regionale per l’Europa dell’Oms (Who/Europe) e dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc).
I dati mostrano che dall’inizio dell’epidemia nel mondo (dagli anni ’80 in poi) nella regione europea dell’Oms, oltre 2,6 milioni di persone hanno ricevuto una diagnosi, di cui oltre 650mila abitanti nell’Unione europea e nello Spazio economico europeo. Solo nel 2023 sono state segnalate quasi 113mila nuove diagnosi in 47 dei 53 Paesi, segnando un leggero aumento del 2,4% rispetto all’anno precedente.
Il traguardo del vaccino in sperimentazione
La ricerca in ambito Hiv ha fatto passi da gigante, come ha ricordato Annamaria Cattelan, direttore dell’unità di malattie infettive dell’Azienda ospedaliera universitaria di Padova.
“Da una patologia che poteva avere un destino ineluttabile – ha spiegato – oggi è diventata una infezione cronica e gestibile nella maggior parte dei casi in ambulatori, ciò grazie all’introduzione di tecnologie terapeutiche capaci di cambiare la vita delle persone. L’attesa di vita è aumentata grazie alle terapie che si riducono a una sola compressa al giorno con effetti collaterali più misurati”.
Assumere le terapie, inoltre, significa avere minore carica virale e non trasmettere più l’infezione. “Anche la profilassi pre-infezione – ha aggiunto – prevede l’immissione in commercio dei farmaci che si prendono ogni due mesi che permettono una prevenzione totale. Questo permette di ridurre i nuovi casi di Hiv. La ricerca va avanti, si sta muovendo nella ricerca di farmaci che puntano a nuovi target dando un futuro migliore per chi è già in fase avanzata. Per il vaccino ci sono ancora molte sperimentazioni ma attendiamo quello efficace che sarà un punto d’arrivo importante”.
Tema sociale da tenere in considerazione
Il problema dello stigma sociale è ancora latente in Italia ma ancora di più è la scarsa informazione su contagio e terapie esistenti.
“Le persone non hanno conoscenza del virus ed è limitata l’informazione sulle modalità di trasmissione”, ha dichiarato Davide Moschese, dirigente medico della divisone di malattie infettive 1 dell’ospedale Luigi Sacco di Milano. “C’è ancora molta paura data dall’ignoranza. Dobbiamo essere in grado di disseminare la conoscenza sulle terapie”.
Per abbattere lo stigma, bisogna rivolgersi alla parte emotiva e irrazionale delle persone, secondo Silvia Negri, psicologa e psicoterapeuta della Associazione nazionale per la lotta contro l’Aids (Anlaids): “L’elemento principale – ha commentato – che guida lo stigma è la paura, bisogna cercare un contatto con i giovani altrimenti l’informazione cade nel vuoto. Le persone che fanno sensibilizzazione devono essere formate e prive di pregiudizi”.
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